Gli attacchi di panico sono episodi di intensa ansia in assenza di un reale pericolo e si presentano molte volte come un fulmine a ciel sereno. Sono caratterizzati da sensazioni fisiche molto intense come nausea, batticuore, sensazione di fiato corto o di soffocamento, vertigini, vampate di caldo e sudori. Il panico insorge quando questi sintomi fisici vengono erroneamente giudicati pericolosi, ingenerando così un circolo vizioso, ovvero, la paura di avere paura.
Altri sintomi che possono manifestarsi nel soggetto durante un attacco di panico sono il senso di depersonalizzazione (il sentirsi come fuori dal proprio corpo) e di derealizzazione (un senso d'irrealtà del mondo), paura di perdere il controllo, di impazzire o persino di morire. Chi ne soffre spesso riferisce di sentire, al sopraggiungere di un attacco di panico, un irrefrenabile bisogno di fuggire, in qualunque situazione si trovi.
Il DSM-IV-TR prevede due tipi di disturbo di panico: con, oppure senza, agorafobia. L'agorafobia viene definita come la paura di situazioni in cui potrebbe essere difficile o imbarazzante allontanarsi nel caso sopraggiungesse un attacco di panico. Spesso il soggetto arriva a temere tutti i luoghi pubblici in cui mostrare i sintomi dell'attacco di panico causerebbe grande imbarazzo. Tra le situazioni che spesso innescano questo tipo di fobia troviamo: guidare l’auto, attraversare un ponte, trovarsi in negozi e commerciali, oppure in chiesa o in mezzo a una folla.
Il disturbo di panico insorge tipicamente nell'adolescenza e col passare del tempo può divenire sempre più invalidante. Uno studio di Leon, Portera e Weissman (1995) ha evidenziato che un quarto dei soggetti affetti da attacchi di panico era senza lavoro da più di 5 anni. Inoltre, tra coloro che soffrono di disturbo di panico, quelli con agorafobia presentano una maggior tendenza alla cronicizzazione dei sintomi.
Secondo alcune ricerche il 30% della popolazione riferisce di avere sperimentato almeno un attacco di panico durante l’arco della vita e una percentuale pari al 3-5% riferì di averne avuto uno nell'ultimo anno (Norton, Cox e Malan, 1992)
I fattori cognitivi
La teoria cognitiva sulle cause del disturbo di panico si focalizza principalmente su due fattori: il senso soggettivo di controllo sulla propria vita e l'interpretazione catastrofica dei cambiamenti fisici avvertiti dal soggetto.
Il controllo percepito La percezione di poter controllare i propri cambiamenti fisici sembra avere un ruolo cruciale nel determinare lo sviluppo o meno di un disturbo di panico.
La paura delle sensazioni fisiche Gli attacchi panico insorgono quando una persona interpreta in modo catastrofico le proprie sensazioni fisiche, percepite quali segni inconfutabili di un disastro incombente. Per esempio, una persona può interpretare la sensazione prodotta dal battito accelerato del cuore come l'avvisaglia di un incipiente attacco cardiaco; questi pensieri aggravano ovviamente la sua ansia, il che dà luogo a un intensificarsi delle sensazioni fisiche, e così via, in un incessante circolo vizioso.
Il trattamento del disturbo di panico
La terapia cognitivo-comportamentali del disturbo di panico è principalmente incentrata sull'apprendimento di conoscenze e strategie volte a fronteggiare e gestire le situazioni ansiogene. Attraverso un intervento psicoeducativo il soggetto impara a non vivere più le sue sensazioni fisiche come un segnale di perdita di controllo, ma inizia a vederle come sensazioni sostanzialmente innocue e controllabili. Secondariamente , il trattamento cognitivo comportamentale, si rivolge all’individuazione dei pensieri che portano il soggetto a percepire come minacciose determinate situazioni eventi o sensazioni fisiche e il terapeuta aiuta il paziente a mettere in discussione tali convinzioni.